Obiettivo ambiguo1 è una raccolta di articoli di Ferdinando Scianna che parlano di fotografi e di fotografia. Gli articoli che parlano di fotografia aprono il volume, riuniti sotto un titolo che ne evidenzia la piccolezza rispetto ai massimi sistemi ai quali ogni discorso sulla fotografia sembra rimandare. Dall’introduzione apprendiamo che il titolo dell’intera raccolta, Obiettivo ambiguo, era stato suggerito da Leonardo Sciascia per una rubrica, poi abortita, che Scianna avrebbe dovuto tenere per una rivista.
L’assonanza tra questi due cognomi, Sciascia e Scianna, oltre ad essere un tantino fastidiosa per chi ne scrive - io ad esempio tendo a scambiarli, uno per l’altro, se non faccio attenzione - richiama alla mente, al termine della lettura, una specie di Giano bifronte, due teste in un corpo solo, un pensiero unico, un arbusto dai rami intricati e intrecciati.
Piccole polemiche sui massimi sistemi è il titolo della prima parte del libro che, dopo l’omaggio apparentemente formale e doveroso dell’autore a Leonardo Sciascia, definito “angelo paterno” al termine dell’introduzione, precipita chi legge all’interno di questa mitica creatura, inevitabile atterraggio per chi si accosta ad una scrittura che da tale creatura in primo luogo nasce. Sebbene Leonardo Sciascia non sia infatti l’unico riferimento letterario di Scianna, egli ne è senza dubbio il primo, il più importante.
A ciascun articolo l’autore attribuisce un anno che immaginiamo essere l’anno della sua prima pubblicazione e se dovessimo rimproverare qualcosa a questo libro, sarebbe quest’assenza di più precisi riferimenti bibliografici. Spiace avvertire questi testi come galleggianti su una sorta di vuoto editoriale, perché raccolgono i pensieri di una vita, tutt’altro che inutili, e la presenza di una piccola bibliografia, alla fine del volume, o di un riferimento bibliografico al fondo di ciascun articolo avrebbe aiutato a tracciare la mappa del viaggiare concreto del pensiero di Scianna attorno all’invenzione meravigliosa e ai suoi autori. L’assenza di una mappa rafforza l’idea dell’intricato intrecciarsi dei rami dell’arbusto, rafforza la necessità di tale idea, e le piccole polemiche sui massimi sistemi diventano la buca nel terreno entro la quale si cala la piccola Alice incuriosita dal coniglio.
Ciò che si scrive intorno alla fotografia, scrive Sciascia in Verismo e fotografia, è anche troppo intelligente, troppo vero, ma di quella verità momentanea, che si contraddice un attimo dopo, che scompare, un attimo dopo, in un’altra verità, come le fotografie, come il sovrapporsi dei ricordi. Ogni discorso intorno alla fotografia appare pertanto come una piccola polemica intorno a massimi e inafferrabili sistemi. Pare a Sciascia che:
“meditazioni, teorie e regole relative alla fotografia nascano come se l’oggetto, il fatto fotografico, il mezzo espressivo fosse pregiudizialmente o inconsciamente considerato in sé insufficiente, se non addirittura indegno, di una organizzazione, di una sistemazione mentale, di pensiero, e servisse soltanto come occasione, come provocazione a un libero gioco d’intelligenza, di agudezas.”
Cito dall’edizione Adelphi di Cruciverba2, una raccolta di saggi, scritti e riscritti nel tempo, in tempi diversi, ai quali l’autore, come scrive in una nota in fondo al volume, non avrebbe saputo, non sempre, assegnare un tempo preciso. Inutile pertanto rimproverare a Scianna di averci lasciati a camminare sospesi sul vuoto: c’è il precedente letterario diretto e costituisce un altro di quei rametti intrecciati sui quali è facile saltellare, passando dall’uno all’altro.
“Tutto, diceva Savinio, prima o poi finisce in un libro. Spero che questo incontri qualcuno che non lo consideri inutile”.
Con queste due frasi Scianna terminava l’introduzione alla prima edizione della raccolta, quella del 2001. Se non è troppo tardi, vorrei unirmi alla schiera di coloro che leggendola l’hanno trovata utile, e sin dalle prime pagine, per quanto mi riguarda. Avevo appena terminato di ragionare, confusamente, si capisce, sul tema dell’impossibilità di un incontro tra la fotografia e l’universalità delle idee in occasione della visita alla retrospettiva su Sabine Weiss tenutasi a Palazzo Ducale di Genova, che da tale confusione mi strappava il primo articolo di questa raccolta. Le ultime fotografie di Weiss, quelle degli anni ’80 e ’90 mi avevano fatto pensare ad August Sander, soprattutto certe figure fotografate negli Stati Uniti e nei paesi dell’Est Europeo. Come i ritratti di Sander, esse mi sembravano rappresentare la sintesi che Barthes descriveva nel suo indimenticabile brano sulla maschera contenuto nella Camera chiara.
Il primo articolo ripubblicato in Obiettivo ambiguo da Scianna, intitolato Realisti e nominalisti, giungeva miracolosamente a risolvere quel tanto di elusivo che persisteva nel mio ragionamento. Che poi le ragioni della confusione sono sempre le stesse: come molti citavo Sander e i diversi luoghi comuni citabili al suo riguardo non avendo mai letto l’introduzione scritta da Alfred Döblin per il volume di Sander intitolato Volti di un’epoca, pubblicato nel 1929. Certo devo averne letto molte volte, altrove, certamente in Benjamin; citazioni, riferimenti, presto dimenticati. Sotto la maschera barthesiana, resta dunque l’irriducibile nominalismo del ritratto fotografico e a partire da tale irriducibilità molte altre ambiguità si sciolgono, per esempio le critiche che, nel Dolore degli altri3, Sontag rivolge a Salgado. Ne avevo già scritto sul mio vecchio sito e chi mi segue da anni lo ricorda.
Il luogo comune dal quale mi sollevava provvidenzialmente il primo articolo di Obiettivo ambiguo riguardava la fotografia, ma più direttamente il ritratto fotografico, un tema caro a Scianna come a Sciascia, un argomento rispetto al quale i luoghi comuni si sprecano. Con un richiamo colto ai luoghi comuni si apre il saggio di Leonardo Sciascia che introduce la mostra intitolata Ignoto a me stesso, curata nel 1987 da Daniela Palazzoli, dedicata ai ritratti fotografici degli scrittori. E se l’immagine del fringuello che saltella da un ramo all’altro non risultasse in questo caso quanto meno incongrua, la si potrebbe applicare allo stesso Scianna che nei primi articoli della sua raccolta con gusto si addentra nei percorsi labirintici del pensiero di Sciascia collegando i concetti diramati dallo scrittore nei diversi suoi saggi dedicati al tema del ritratto e soprattutto, pirandellianamente, al tema dell’identità.
Dopo le piccole polemiche della prima parte del libro si passa ai massimi sistemi della seconda parte perché se la fotografia è i fotografi, questo il titolo della seconda sezione, allora i fotografi sono i veri massimi sistemi sui quali ragionare. I fotografi della seconda parte di Obiettivo ambiguo non ho voglia di contarli ma, vi assicuro, sono tanti e sprecherei le lodi a volerne citare alcuni tralasciandone altri.
Gli articoli più antichi sono datati 1980. Se non si può negare che la scrittura di Scianna nasca dalla letteratura e dal suo rapporto con gli scrittori, alcuni in particolare, è pur vero che la materia cui questa scrittura dà forma è quella che scaturisce da un mestiere che, ormai esercitato da una ventina d’anni, inizia a chiedere verifiche, considerazioni, basi nuove e solide da cui ripartire. La scrittura nasce quindi, come spesso accade, dalla necessità di indagare il lavoro altrui per chiarire il proprio a se stessi. Osservate in questo modo, la scrittura e la fotografia di Scianna formano un unico percorso, inscindibile come i due volti del mitico Giano.
Obiettivo ambiguo è utile, ci serve per seguire più da vicino l’evolversi del lavoro di Ferdinando Scianna negli anni e nel tempo e anche per questo dispiace l'assenza della bibliografia. Lo terremo aperto quando approfondiremo il lavoro di Scianna fotografo, in primo luogo attraverso i suoi libri e i suoi reportage. Ma Obiettivo ambiguo ci serve anche perché impagabili, di una agudezas critica ammirabile, sono i suoi articoli su Helmut Newton, Josef Koudelka, Robert Mapplethorpe e potrei continuare. Scianna, che non ama sentirsi chiamare maestro, ma che è sicuramente maestro - come osserva Denis Curti in una intervista che ho trovato su YouTube - nell’arte della stroncatura, ci lascia con Obiettivo ambiguo alcune pagine divertentissime, sui fotografi della Bussola, su Moreno Gentili e Alessandro Baricco, su Oliviero Toscani, altre dolenti e amare. Nell’articolo su Luigi Crocenzi si schiera, del tutto privo della nostra pavida reticenza, dalla parte del fotografo marchigiano definendo mediocre, senza mezzi termini, l’articolo di Vittorini pubblicato su Cinema nuovo. La qualità del lavoro di Crocenzi - che “non è stato un grandissimo fotografo” - al servizio della fotografia ci presenta il conto espresso in stima e grande rispetto; la figura del Vittorini innovatore ne esce invece svilita per non aver saputo vedere e capire quale fosse il proprio posto, nello spazio culturale che aveva contribuito a creare.
Poiché, come nei sistemi Apple, il mondo letterario di Scianna tende a configurarsi in un circuito chiuso, l’articolo su Luigi Crocenzi riporta, chi lo legge conoscendo un poco la Conversazione in Sicilia di Vittorini e Crocenzi, al saggio di Sciascia sui ritratti di Antonello da Messina, da Scianna citato brevemente in una delle sue prime piccole polemiche4. Andando a rileggere quel saggio si fa perspicuo - traslucido avrebbe detto il mio professore di Storia delle tecniche artistiche e non è casuale che questo termine mi sia tornato alla mente pensando ad Antonello -, anche a chi siciliano non è, il riferimento degli studiosi dell’iconotesto di Vittorini agli aspetti archetipici della cultura siciliana, e si fanno perspicue le motivazioni di tale riferimento, illuminando non poco la radice del disappunto vittoriniano rispetto agli esiti del suo progetto. L’apparente arcaicità delle immagini di Crocenzi, così simili a quelle di Pozzi Belli scattate quindici anni prima, reinserisce la Conversazione nella tradizione illusoria dell’astoricità e continuità del modo di essere siciliano. Un’illusione che, scrive Sciascia nel testo su Antonello:
“sorge dalla realtà siciliana, dal «modo di essere» siciliano: e dunque ne è parte, intrinsecamente. Ci troviamo insomma in un circolo vizioso, in una specie di aporia; che è poi la sostanza di quella nozione della Sicilia che è insieme luogo comune, «idea corrente», e motivo di univoca e profonda ispirazione nella letteratura e nell’arte.”
Per tornare a Obiettivo ambiguo, e al “circolo vizioso” che è proprio di Ferdinando Scianna, è corretto riportare quest’ultimo all’idea del ritorno di Ulisse, “mito fondamentale della cultura occidentale”, citato espressamente da Scianna nell’articolo su Fulvio Magurno. Ed è ritorno a sé, al proprio centro e inizio, presieduto da Giano bifronte, dio degli inizi, materiali e immateriali. Sciascia non è, si diceva, l’unico riferimento letterario di Scianna, ma perfino il grande Borges, che Scianna incontra negli anni ’80, è già contenuto in questo inizio, in questo suo “aleph” personale, punto magico in cui si concentrano il tempo e lo spazio e che può forse avere, sospetta Sciascia, una qualche analogia con l’obiettivo fotografico, lente più traslucida che trasparente. Scrive Sciascia a proposito della fotografia della madre di Barthes nel testo introduttivo di Ignoto a me stesso:
“Un «aleph». Che Borges ha esplicitamente inventato come magica contrazione dello spazio e che implicitamente è, in tutta la sua opera, sortilegio di contrazione del tempo, sul punto della dissolvenza e dell’oblio: e appunto perciò investito da un estremo fulgore.”5
Anche Sciascia - Scianna lo sa e lo dice - ha il proprio “aleph” personale, è Racalmuto, contrada Noce. Lo richiama nel testo intitolato Il volto sulla maschera6 dove il tema è di nuovo quello del ritorno, del contrarsi e dilatarsi di tempo e spazio nella memoria e nell’esperienza. Un brano che è, sono d'accordo con Scianna, di una dolcezza e bellezza struggenti.
Scianna, Ferdinando. Obiettivo ambiguo. Contrasto. 2015.
Sciascia, Leonardo. Cruciverba. Adelphi, 1998, p. 188.
Sontag, Susan. Davanti al dolore degli altri. Mondadori, 2003, pp. 68-70.
Sciascia, Leonardo. «L’ordine delle somiglianze», in Cruciverba. Adelphi, 1998, pp. 33-39.
Sciascia, Leonardo e Diego Mormorio (a cura di). Sulla fotografia. Mimesis. 2021, p. 87.
Sciascia, Leonardo. Cruciverba. Adelphi, 1998, p. 215.